L’istituzione culturale // Inclusività, spazi culturali e teatro cittadino

L’immagine e la visione complessiva di una città passano senza dubbio attraverso i luoghi e gli spazi dedicati alla cultura. Teatri, musei, cinema e altri spazi “convenzionali” contribuiscono non solo all’immagine che la città rivolge verso l’esterno, ma anche alla qualità della vita dei suoi abitanti, e sono spesso il motore per percorsi di inclusione sociale e partecipazione.

 

Riprendendo il capitolo introduttivo, se la città che vogliamo si configura come uno spazio aperto, inclusivo e in grado di fare rete con altre realtà territoriali, l’azione culturale deve principalmente favorire la partecipazione del maggior numero di

persone ai benefici della cultura e della sua produzione. Perché questo avvenga, l’esigenza è che i luoghi e gli spazi siano appannaggio di tutti, che non escludano nessuna fascia d’età, non applichino distinzioni di genere o di estrazione sociale.

 

In questi tempi di transizione c’è quanto mai bisogno di una cultura non addomesticata, capace di mettere in discussione lo stato delle cose e di suggerire mondi alternativi. Perché ciò possa accadere bisogna creare un’istituzione culturale

con visione e progettualità chiare, coerenti e di lungo respiro. Per istituzione culturale si intende un luogo – o meglio dire un polo – in grado sia di accogliere la cittadinanza e i lavoratori del settore culturale, sia soprattutto di definire una visione ed

una linea culturale in termini progettuali, che non si limiti al singolo evento o manifestazione, ma possa identificarsi nel percorso di crescita dell’anima della città stessa. Senza queste riflessioni, si rischia che l’unico metro di giudizio del valore di

un’attività culturale sia il suo successo economico: ma l’investimento culturale non è mai stato finalizzato ad un immediato ritorno economico, quanto piuttosto a porre le condizioni per la crescita di una società, con tutta una serie di benefici economici secondari e a lungo termine che non è possibile quantificare nell’immediato.

Proponiamo quindi che il nuovo teatro cittadino non sia assoggettato alle logiche privatistiche a cui ci ha abituati l’Openjobmetis, ma che sia un esempio di partenariato pubblico/privato virtuoso e che venga considerato un investimento per la cittadinanza al pari dell’istruzione o della sanità pubblica. Un teatro con una direzione artistica coraggiosa e che sappia formare attori, scenografi, sarti, tecnici e che abbia percorsi residenziali e di produzione interni, andando quindi anche a generare un bacino di nuove professionalità per la città. Il teatro sarà in mano all’Amministrazione e di conseguenza alla cittadinanza tutta, quindi anche la Pubblica Amministrazione andrà formata in modo da poter gestire al meglio e continuare a riattualizzare quello che deve essere uno spazio di condivisione e critica per tutta la città.