L’attenzione delle istituzioni per i minori è da sempre uno degli elementi che restituisce importanti indicazioni sulla qualità della vita in un determinato territorio. La disponibilità, l’accessibilità e la qualità dei servizi per l’infanzia sono fattori decisivi per la crescita di una comunità, tanto che il Consiglio Europeo, già dal 2002, ha stabilito particolari obiettivi per la diffusione e la crescita di questo tipo di servizi.
Gli asili nido sono uno di questi: per decenni sono stati considerati semplicemente come un servizio sociale, cioè un modo per consentire ai genitori, specialmente alle donne, di dedicarsi al lavoro con la certezza di poter affidare a qualcuno i propri figli. Un obiettivo ovviamente fondamentale, visto il basso livello di occupazione femminile. Allo stesso tempo però asili e servizi per la prima infanzia vanno considerati come un servizio educativo a tutti gli effetti: è in quell’età che i bambini gettano le basi dello sviluppo successivo, ed è da lì che bisogna partire per non creare divari educativi. In particolare se la frequenza del nido è condizionata dal reddito dei genitori. Il Consiglio Europeo di Barcellona del 2002 ha fissato come target per gli stati UE il raggiungimento di almeno 33 posti di asilo nido ogni 100 bambini (sotto i 3 anni), sfida poi recepita anche nella normativa nazionale. Varese nel 2016 offriva 30,6 posti ogni 100 bambini; nel 2018 questa percentuale è salita a 34,7 posti ogni 100 bambini. È sicuramente un dato positivo ma non è ancora abbastanza, se pensiamo che le dieci città italiane con maggiore copertura di posti offrono tra i 48 e i 68 posti di asilo ogni 100 bambini.
Non va meglio per quanto riguarda la percentuale di posti pubblici di asili nido sul totale dei posti disponibili, che in Provincia di Varese si attestava nel 2017 al 43,1%, né per le spese comunali destinate agli “interventi per l’infanzia e i minori e per asili nido”, che nel 2019 è stata nel Comune di Varese di 59,58 € pro capite, sopra la media nazionale (15,95 €), ma ben sotto grandi città come Trieste (185,96 €), città di media grandezza come Como (126,90 €), città della nostra stessa provincia come Busto Arsizio (94,02 €) e Gallarate (79 €), o piccoli comuni virtuosi sardi e trentini che raggiungono anche i 989 € pro capite.
A conferma dell’importanza e della necessità dei posti di asilo nido vi è inoltre il dato
secondo il quale alla diminuzione di questi corrisponde un aumento delle richieste di
iscrizioni anticipate alla scuola dell’infanzia (sezioni primavera) oltre che un aumento
della disoccupazione femminile.
La Lombardia è la regione italiana con il maggior numero di residenti con meno di 18 anni, la fascia di popolazione che è il target delle politiche di contrasto alla povertà educativa. Una condizione (o meglio, una serie di condizioni) in cui il bambino, per tante ragioni, si trova privato del diritto all’apprendimento e alla crescita in senso lato. L’emergenza COVID19 ha posto inoltre nuove sfide nel contrasto della povertà educativa: fin dalle prime settimane di lockdown, famiglie e minori si sono trovati di fronte a numerose necessità, come l’importanza di disporre di connessioni domestiche veloci e di dispositivi per seguire la didattica a distanza. Il successivo ritorno in classe ha poi ribadito e acuito le esigenze di sempre: dal trasporto casa-scuola alla qualità dell’edilizia scolastica.
Per contrastare la povertà educativa riteniamo dunque urgente effettuare una mappatura dello svantaggio educativo del territorio comunale varesino, in base a indicatori quali appunto la copertura dei servizi educativi pubblici per la prima infanzia (0-6 anni), la dispersione esplicita (ragazzi tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato prematuramente il loro percorso di studi), la dispersione implicita (ragazzi tra i 14 e i 16 anni che non raggiungono le competenze minime in matematica e italiano), la percentuale di ragazzi tra i 14 e i 16 le cui famiglie versano in condizioni socio-economiche di svantaggio. Sulla base di questi indicatori, secondo l’indagine “Riscriviamo il futuro” di Save the Children, la Provincia di Varese si colloca infatti in una fascia di rischio educativo medio: i prossimi anni saranno dunque decisivi per determinare il futuro di una generazione che rischia di vedere compromesse le proprie possibilità di emancipazione socio-economica e culturale a causa della crisi innescata dal COVID19.
Per compiere queste azioni, riteniamo che l’Amministrazione debba circoscrivere e limitare l’utilizzo dello strumento di affido e fornitura di servizio e prediligere quello della coprogettazione. La coprogettazione è una procedura ad evidenza pubblica in cui sono rispettati i principi di trasparenza, imparzialità e parità di trattamento, ma che consente di superare il mero acquisto di prestazioni a favore della realizzazione di un progetto condiviso. Si tratta di una procedura complessa in cui i soggetti pubblici e privati sono chiamati a condividere idee, risorse, professionalità e saperi per costruire obiettivi complementari e creare valore e beneficio per ogni soggetto coinvolto.